La saldatura a stagno dei PCB

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La saldatura a stagno è l'operazione che permette il fissaggio dei componenti al circuito stampato. Consiste nella fusione nel punto di contatto tra rame e componente di una lega metallica che, raffreddandosi, permette la connessione elettrica e meccanica (a rigore si tratta quindi di brasatura dolce, visto che avviene a temperature relativamente basse, ma nessuno userà mai questo termine in campo elettronico).

Il saldatore è lo strumento che permette la fusione della lega saldante. È importante che la punta sia piuttosto sottile, per permettere saldature di precisione, e in nello stesso tempo dotata di elevata massa termica, per mantenere costante la sua temperatura; soprattutto deve essere "corazzata", cioè internamente in rame ma rivestita da un sottile strato di acciaio, nickel e cromo, ad alta resistenza chimica e meccanica: la lega fusa è infatti piuttosto aggressiva e finirebbe con il corrodere la punta in solo rame. D'altra parte una punta interamente in acciaio non riuscirebbe a condurre adeguatamente il calore.

La potenza necessaria è relativamente piccola: si va da 15W a 25W o poco più; personalmente a casa lavoro con un saldatore 24V, 24W; a volte, nel caso di grosse superfici, lo alimento a 30V per avere un maggiore riscaldamento. Il fatto di usare saldatori a bassa tensione evita il rischio, tutt'altro che remoto, di bruciare accidentalmente il cavo di alimentazione e rischiare di conseguenza la folgorazione. Per lavorare seriamente è meglio usare una stazione di saldatura termostatata da almeno 50W: peccato che costi facilmente un centinaio di euro o anche più, soldi sicuramente ben spesi per il lavoro ma a volte difficili da ammortizzare per un hobby; un ripiego di lusso sono le punte termostatate. Vanno evitati nella maniera più assoluta i saldatori cosiddetti "istantanei" con impugnatura a pistola. Per casi particolari sono utili i saldatori a gas, poco più grandi di una penna: sono portatili ma non sostituiscono del tutto il saldatore elettrici.

Non risparmiate troppo quando acquistate il saldatore ed in particolare le punte.

La lega saldante (il cosiddetto stagno) più facilmente utilizzabile è costituita da piombo e stagno in percentuali variabili ma generalmente al 60% di stagno. A volte è presente anche un punto percentuale di rame o argento. La temperatura di fusione si aggira intorno ai 180-190°C o poco più.

Oggi l'utilizzo di leghe saldanti a base di piombo è però vietato dalla direttiva europea RoHS che impedisce (giustamente!) l'uso di materiali tossici nell'industria elettronica. Purtroppo le nuove leghe saldanti, in genere a base di stagno, argento e rame, hanno una temperatura di fusione più alta di circa 40°, causando qualche problema usando saldatori progettati per temperature considerevolmente più basse. Inoltre sono più costose anche se penso sia solo questione di adeguamento del mercato.

La lega saldante è venduta sotto forma di fili dal diametro di 1 mm (vi sconsiglio per usi generali quello di 1,5mm; per lavori di precisione si trovavano anche matasse da 0,7 mm, abbastanza adatto anche per lavori generici). In realtà si tratta non di un filo massiccio ma di un "tubo" internamente riempito di un liquido semitrasparente (il flussante): il suo compito è quello di prevenire la formazione di ossidi ed in definitiva facilitare la saldatura. Purtroppo ha la caratteristica di emettere il caratteristico fumo bianco (è nocivo, quindi occorre aerare o aspirare i fumi) e sporcare, soprattutto se di scarsa qualità, il circuito stampato e punta del saldatore. Inoltre tende a corrodere la punta del saldatore, consumando il rivestimento in acciaio. Le nuove leghe RoHS compatibili contengono un flussante più aggressivo e questo, unito alla maggiore temperatura, causa il più rapido deteriorarsi del saldatore.

Una proprietà dello stagno fuso deve essere tenuta presente per evitare preoccupazioni inutili: esso è attratto dal rame e difficilmente scivola fuori da una piazzola, a meno che sia in quantità eccessiva o il rame sia poco "bagnabile" perché ossidato in superficie. Analogamente una goccia di stagno tende ad essere attratta da un'altra goccia e potrebbe poi essere un problema separarle. Questi due fatti portano ad una sola conclusione: usate meno stagno possibile. Le nuove leghe senza piombo hanno caratteristiche inferiori da questo punto di vista e quindi usandole si incontra qualche maggiore difficoltà.

Qualche accessorio minore, ma importante:

La saldatura di ciascun punto deve durare pochi secondi, ma senza fretta.

  1. Si inserisce il componente nei fori e si tagliano i reofori, lasciandoli sporgere un paio di millimetri. A volte è più comodo tagliate i componenti solo dopo la saldatura perché girando lo stampato tendono meno facilmente a cadere fuori. In genere io faccio un mix dei due sistemi, come capita.
  2. Si gira lo stampato in modo da vedere il lato rame. Piccola nota: i componenti si saldano partendo da quelli più bassi perché in questo modo è possibile appoggiare lo stampato sul tavolo senza far scivolare fuori i componenti.
  3. Si appoggia la punta del saldatore in contemporanea al rame della piazzola ed al reoforo del componente per un preriscaldamento (1 secondo o anche più, in funzione delle dimensioni della piazzola e del componente)
  4. Si appoggia il filo di stagno al rame o al reoforo, non alla punta del saldatore. Lo stagno fonde e, da solo, deve scorrere e coprire tutta la superficie del rame e il reoforo (1-2 secondi). Se non scorre vuol dire che il rame è sporco o freddo (o che lo stagno è scadente). Dopo 10 secondi di inutile tentativi di saldatura in un singolo punto, meglio sospendere, far raffreddare il tutto e... cercare di calmarsi
  5. Si toglie il filo di stagno, lasciando però ancora il saldatore per un secondo.

La quantità di stagno deve essere appena sufficiente per coprire interamente la piazzola. La saldatura deve assumere la forma di un piccolo cono. Assolutamente cattive sono le saldature che assumono la forma di una pallina: in questo caso meglio rimuovere tutto lo stagno con il succhiastagno e rifare da capo la saldatura. Nel caso di ponticelli tra la saldatura e una pista vicina, meglio usare il succhiastagno (e ricordarsi la volta dopo di mettere meno stagno).

Malgrado quello che a volte si legge sulle riviste o si sente raccontare è difficile bruciare un componente durante la saldatura, almeno mantenendo i tempi inferiori alla decina di secondi. È invece abbastanza facile distaccare una piazzola dalla basetta con una saldatura troppo prolungata o, più frequentemente, durante la dissaldatura di un componente.

Sulla punta del saldatore si forma sempre un po' di stagno: se troppo può essere tolto picchiando con decisione il polso sul tavolo (attenzione a dove cade la goccia di metallo fuso: scotta e rovina le materie plastiche). Se la punta è sporca di residui neri lasciati dal flussante, pulitela a caldo con una spugnetta umida e "lavatela" con abbondante stagno fuso, da togliere con il solito colpo sul tavolo.

Una cosa da evitarsi in modo assoluto è la pulitura meccanica della punta con lime o carta vetrata, pena la distruzione del rivestimento protettivo e la drastica riduzione della vita della punta.

Attenzione! I vapori emessi durante la saldatura sono tossici e quindi occorre lavorare in un luogo aerato.

Dopo la saldatura di tutti i componenti ed il collaudo, è utile una bella spruzzata di lacca isolante, previa protezione dei connettori, dei potenziometri e degli altri dispositivi meccanici. Anche per questa operazione meglio lavorare all'aperto.

A questo punto il circuito stampato è finito ed arriva l'impresa per me più difficile: realizzare il contenitore (ma qui, scusate, mi fermo: in materia sono una frana).

La saldatura SMT

La tecnica si saldatura non è molto diversa da quella tradizionale con le dovute attenzioni a causa delle dimensioni minori del punto di saldatura: in particolare occorre utilizzare stagno di piccolo diametro e buona qualità, un saldatore con una punta molto sottile, soprattutto occorre garantire la massima pulizia del rame al fine di garantire lo scivolamento della lega fusa sotto il componente. Potrebbe essere utile la stagnatura chimica superficiale della basetta.

Per saldare un componente a due terminali occorre:

Analogamente è possibile procede per  saldare un circuiti integrato, sempre utilizzano un pin per mantenerlo fermo.

In alternativa è possibile saldare in contemporanea tutti i pin di un grosso circuito integrato sfruttando la proprietà dello stagno di aderire solo al rame ed ai pin dell'integrato. L'idea è quella di utilizzare un saldatore con la punta piuttosto grande e far cadere su di essa una grossa goccia di stagno; occorre poi "strofinare" i pin dell'integrato con la goccia che provvederà ad effettuare la saldatura solo dove necessario. Per garantire la riuscita dell'operazione è necessario ricoprire per bene le piazzole di pasta saldante (possibilmente di tipo specifico per saldature di precisione) e garantire l'assoluta assenza di depositi sia sul rame che sul componente.

Qualora di creassero ponti tra due piste è sufficiente avvicinare la punta del saldatore ben pulita per riassorbire lo stagno in eccesso (se non è troppo, ovviamente).

Realizzare circuiti stampati - Indice

  1. Cosa è un circuito stampato
  2. Il trasferimento diretto
  3. La fotoincisione
  4. Il bromografo
  5. Press-n-Peel
  6. La dimensione delle piste
  7. L'incisione chimica dei PCB
  8. Le lavorazioni meccaniche
  9. La saldatura
  10. Gli errori più comuni
  11. Note sulla sicurezza

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