L'elettronica di potenza

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In questa parte del tutorial descrivo i circuiti elettronici di potenza necessari per pilotare un motore in corrente continua. E' utile ricordare che spesso i motori assorbono correnti elevate (qualche ampere) e che la tensione di alimentazione è di decine di volt: occorre quindi progettare circuiti adeguati a gestire queste potenze.

Il pilotaggio lineare

Il pilotaggio lineare di un motore si ottiene quando l'alimentazione è collegato all'uscita di un circuito elettronico che genera una tensione continua, per esempio un amplificatore operazionale di potenza adeguata oppure un regolatore di tensione.

In prima approssimazione si può supporre che tanto più è grande la tensione che alimenta il motore, tanto più il motore ruota velocemente: è quindi sufficiente cambiare la tensione in ingresso all'amplificatore per cambiare la velocità di rotazione.

Qualora l'amplificatore possa erogare tensioni positive e negative, collegando il motore tra uscita dell'amplificatore e massa è anche possibile ottenere l'inversione del verso di rotazione. Da notare che per fare questo è necessario disporre di due sorgenti di alimentazione, una positiva ed una negativa, a volte difficili da ottenere quando le potenze in gioco sono rilevanti.

In alternativa all'uso di una alimentazione duale è possibile usare due amplificatori lineari nella cosiddetta configurazione a ponte. I fili di alimentazione del motore devono essere collegati alle uscite degli amplificatori a loro volta connessi in modo tale che all'aumento della tensione su una uscita corrisponde la diminuzione dell'altra.

Due amplificatori in connessione a ponte

L'esempio, solo di principio, mostra l'amplificatore di sinistra configurato come inseguitore di tensione (Vout(1) = Vin) e quello di destra come differenziale (se i quattro resistori sono uguali, Vout(2) =  Vcc - Vin).

Vin Vout(1) Vout(2) Vm
0 0 Vcc -Vcc
Vcc/2 Vcc/2 Vcc/2 0
Vcc Vcc 0 +Vcc
1V 1V (Vcc - 1) V 2V

La tensione Vm effettivamente applicata al motore è quella riportata nella tabella ed è quindi possibile impostare modulo e verso della Vm pur disponendo solo di alimentazione positiva.

Il difetto del pilotaggio lineare è legato alla notevole dissipazione di potenza che lo rende difficoltoso da usarsi quando la potenza del motore supera i pochi watt: infatti una parte considerevole della tensione di alimentazione cade sullo stadio di uscita dell'amplificatore. Nella configurazione ad un solo amplificatore la situazione peggiore si ha quando la tensione di uscita è pari al 50% di quella di alimentazione, metà dell'energia viene infatti dissipata sotto forma di calore dall'amplificatore.

Da notare che è necessario utilizzare i diodi di protezione (non indicati nello schema), a causa delle sovratensioni causate dalla commutazione delle spazzole sul collettore.

Il pilotaggio on/off

Il pilotaggio on/off è realizzato attraverso un transistor che lavora in commutazione cioè o in conduzione o come circuito aperto, come un interruttore. Nello schema ho inserito anche un diodo la cui funzione è descritta nel prossimo paragrafo.

Pilotaggio On/Off

In questa configurazione la potenza dissipata sul transistor (uguale al prodotto di corrente per tensione ai suoi capi) è sempre minima e tutta l'energia prelevata dall'alimentazione è effettivamente usata dal motore. Infatti:

Il limite di questa tecnica di pilotaggio è evidente: il motore è fermo oppure ruota alla massima velocità.

Perché si usano sempre tanti diodi ?

L' avvolgimento del motore è sostanzialmente in induttore, cioè un oggetto che tende a mantenere costante la corrente che in esso scorre.

Quando il transistor rappresentato nello schema precedente  si chiude, la corrente raggiunge il valore a regime in un certo tempo, secondo una curva esponenziale dipendente dal rapporto di La ed Ra del circuito equivalente. Questo fatto non causa, in prima approssimazione, particolari problemi.

Quando un transistor si apre, la corrente istantaneamente dovrebbe andare a zero; l'induttore tende però ad impedire questo repentina diminuzione e per fare questo tende a far salire la tensione sul collettore del transistor (immaginate il transistor che, improvvisamente, sia diventato una resistenza molto elevata in cui l'induttore tenta di far passare una corrente: per la legge di ohm, la tensione deve salire). La tensione arriva facilmente a centinaia di volt, danneggiando il transistor stesso. Tale tensione è spesso chiamata "di fly-back".

Per evitare questo fenomeno distruttivo viene inserito in parallelo alla bobina del motore un diodo che fornisce alla corrente una via alternativa a quella del transistor nel momento in cui questo si apre.

Le correnti nel diodo di ricorcolo

Il catodo va connesso alla tensione di alimentazione: in pratica la corrente va "in salita". Nello schema è rappresentata a sinistra la situazione in cui il transistor è in conduzione (la corrente attraversa l'avvolgimento del motore, rappresentato dal solo induttore, ed il transistor; nel diodo non passa corrente in quanto polarizzato inversamente). A destra invece l'andamento della corrente subito dopo l'apertura del transistor: la stessa corrente che prima attraversava il transistor ora passa nel diodo.

Ovviamente quest'ultima situazione si esaurisce abbastanza rapidamente, mancando generatori in grado di mantenere nel tempo il passaggio di corrente. Questo tempo è legato al rapporto tra l'induttanza e la resistenza equivalente del motore e, in situazioni tipiche, è dell'ordine delle decine di millisecondi.

Andamento di tensioni e correnti

Il grafico mostra l'andamento idealizzato e non in scala delle tensioni e delle correnti nel caso in cui la velocità del motore si costante; quello rappresentato è un ciclo formato da accensione, spegnimento e accensione. Dall'alto troviamo:

I diodi da utilizzare i queste applicazioni devono avere due caratteristiche fondamentali:

Per l'hobbista non è sempre facile recuperare diodi adatti ma, nel caso, meglio un 1N4001 o un 1N4148 che nulla.

Il pilotaggio pwm

Questa tecnica permette di modificare la velocità pur assicurando un rendimento energetico elevato.

Il circuito è lo stesso utilizzato nel funzionamento on/off, già descritto nel precedente paragrafo. L'idea è però quella di pilotare la base del transistor con un'onda quadra: se la commutazione è piuttosto frequente (qualche KHz) a causa della presenza di un induttore la corrente media è sostanzialmente costante e proporzionale al duty cycle del segnale sulla base del MOS.

Corrente con DC del 50% e del 75%

Il grafico mostra l'andamento della corrente nel motore applicando, nella prima metà, un'onda quadra (quindi un duty cycle del 50%) e, nella seconda metà, un segnale rettangolare con duty cycle del 75%. Il grafico è idealizzato e nell'ipotesi di motore fermo (si noti la corrente iniziale nulla). Si noti anche il caratteristico andamento "seghettato" ma sostanzialmente costante

Una osservazione è relativa al fatto che non tutti i motori sono adatti al pilotaggio PWM, soprattutto alla frequenze più elevate: infatti la perdita nei circuiti magnetici è proporzionale alla frequenza e potrebbe divenire inaccettabile, soprattutto se la frequenza di pilotaggio supera la decina di KHz. Anche il transistor, se inadatto all'applicazione o mal pilotato, può presentare surriscaldamenti a frequenza superiori alla decina di KHz

Una nota di colore: un effetto del pilotaggio pwm (se la frequenza di pilotaggio è inferiore a 20KHz) è il caratteristico fischio prodotto. In tutti i film di fantascienza questo suono indica il movimento dei robot...

Il ponte ad H

Un ponte ad H è costituito da quattro interruttori e permette il funzionamento bidirezionale del motore in presenza di una alimentazione singola.

Il nome deriva dalla somiglianza del circuito alla lettera maiuscola H, dove il motore costituisce il segmento orizzontale ed i quattro transistor i quattro segmenti verticali. L'idea è già stata esposta in precedenza ma in questo caso il segnale di comando è di tipo on/off oppure pwm e non lineare.

Lo schema di un ponte ad H a MOS

Lo schema mostra come i quattro transistor sono connessi. In genere i due transistor inferiori (2 e 4 nello schema) sono detti di sink in quanto assorbono la corrente proveniente da motore oppure low side switch; i due transistor connessi direttamente alla Vcc sono detti di source oppure high side switch.

Versi delle correnti in un ponte ad H

A seconda di quali transistor sono in attivi, abbiamo diversi possibili percorsi per la corrente, illustrati nell'immagine sopra riportata:

Il ponte ad H è utilizzabile in funzionamento on/off semplicemente applicano gli opportuni segnali per ottenere rotazione in un verso o nel verso opposto, frenata rapida o frenata lenta.

In alternativa è possibile utilizzare un segnale pwm per pilotare il ponte, secondo due modalità:

Va evitata nella maniera più assoluta la conduzione contemporanea dei due transistor dello stesso ramo in quanto ciò causerebbe una corrente elevata tra alimentazione e massa. Per evitare il problema in genere si attende un certo tempo tra lo spegnimento di una coppia di transistor e l'accensione di un'altra (dead time).

Da notare che a volte nella configurazione ad H non si usano diodi discreti in quanto sono già integrati all'interno dei transistor: questa soluzione va però valutata attentamente perché a volte tali diodi non sono sufficientemente veloci.

Un problema di questo circuito è legato alla difficoltà pratica che si ha nel pilotare i due transistor superiori, soprattutto se la tensione di alimentazione è elevata: infatti i loro emettitori (o drain) non sono connessi a massa ma ad una tensione variabile. Come effetto si ha che:

La soluzione prevede in genere traslatori di livello associati a circuiti a pompa di carica (per ottenere tensioni superiori a quella di alimentazione) e, per le tensioni più elevate, isolamento ottico. In commerci si trovano appositi circuiti integrati che integrano queste funzioni.

Piccoli motori DC: un tutorial


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